L’affresco rinvenuto sulla parete di un’antica casa di Pompei mostra un’immagine di una tavola imbandita, con quello che potrebbe essere un antenato remoto della pizza. La domus in cui è stata rinvenuta l’affresco era originariamente un panificio.
Dopo 2000 anni, Pompei continua a stupire e a riservare sorprese. Uno dietro l’altro, dall’area degli scavi emergono dei veri e propri capolavori. Questa volta nel corso della campagna di scavi condotta nell’insula 10 della Regio IX, gli archeologi hanno infatti riportato alla luce una natura morta che sembrerebbe raffigurare un soggetto che potremmo definire una pietanza ricorrente anche nell’Italia contemporanea. Sebbene l’assenza di alcuni degli ingredienti più caratteristici della ricetta, come pomodori e l’attuale mozzarella (ma consumavano formaggi, tra cui quelli “a pasta filata” cotti alla brace, proprio in area campana), gli esperti concordano: quello che è rappresentato sulla parete dell’antica casa pompeiana potrebbe essere un lontano antenato della pizza.
“Si suppone che accanto a un calice di vino, posato su un vassoio di argento, sia raffigurata una focaccia di forma piatta che funge da supporto per frutti vari (individuabili un melograno e forse un dattero), condita con spezie o forse piuttosto con un tipo di pesto indicato da puntini color giallastro e ocra”, spiegano gli archeologi di Pompei in merito all’affresco. E a “confermare” la notizia sembra essere proprio il fatto che la domus campana dove è stato scoperto l’affresco un tempo ospitava un panificio con un forno annesso.
L’immagine raffigurata riunisce una pluralità di elementi, in grado di fornire un’istantanea delle abitudini non solo alimentari proprie dell’area vesuviana. Noto originariamente con il nome “xenia”, questo tipo di affresco attualmente dell’attenzione mediatica prendeva spunto dai “doni ospitali” che si offrivano agli ospiti secondo una tradizione greca, risalente al periodo ellenistico (III-I secolo a.C.). Dai centri urbani del Vesuvio ad oggi si conoscono circa trecento di questi rappresentazioni, che frequentemente implicano anche la sfera religiosa, oltre a quella dell’accoglienza, senza che tra le prove trovate finora ci sia un paragone preciso per il dipinto murale di recente scoperta, che impressiona anche per la sua eccezionale maestria nell’esecuzione.
Si tratta semplicemente di un pasto oppure l’iconografia rimanderebbe a pratiche specifiche?
Gabriel Zuchtriegel, direttore del Parco Archeologico di Pompei, precisa: “Oltre all’identificazione precisa dei cibi rappresentati, ritroviamo in questo affresco alcuni temi della tradizione ellenistica, elaborata poi da autori di epoca romana-imperiale come Virgilio, Marziale e Filostrato. Penso al contrasto tra un pasto frugale e semplice, che rimanda a una sfera tra il bucolico e il sacro, da un lato, e il lusso dei vassoi d’argento e la raffinatezza delle rappresentazioni artistiche e letterarie dall’altro. Come non pensare, a tal proposito, alla pizza, anch’essa nata come un piatto ‘povero’ nell’Italia meridionale, che ormai ha conquistato il mondo e viene servito anche in ristoranti stellati.”
L’iconografia pompeiana appresenterebbe, dunque, una pratica legata ai riti sacrificali e ai pasti rituali. I pani sacrificali venivano utilizzati come piatti o “mense”, su cui venivano posizionati la frutta e altri prodotti dei campi, come offerte agli dei o come cibo per gli eroi o i partecipanti al rito. In un passo nell’Eneide di Virgilio (precisamente nel libro VII, v. 128 sgg.), emerge che gli eroi troiani “spinti a lidi sconosciuti, esaurito ogni cibo,” la fame li avrebbe portati a “divorare anche le mense”.