Pochi giorni fa è stata rivelata l’esistenza di una nuova opera di Raffaello, un dipinto inedito raffigurante Maria Maddalena nelle sembianze di Chiara Fancelli, la moglie del Perugino. Si accende così il dibattito tra esperti: verità o errore?
Durante la Conferenza Internazionale “La bellezza ideale. La visione di perfezione di Raffaello Sanzio”, svoltasi il 16 settembre al Teatro Angel dal Foco di Pergola (PU), i curatori hanno comunicato ai presenti la scoperta di una nuova Maddalena dell’artista urbinate.
Durante l’incontro sono intervenuti numerosi esperti tra cui Maria Cecilia Visentin, docente pontificia specializzata in iconografia religiosa dell’ordine dei Servi di Maria, Annalisa Di Maria, esperta di fama mondiale del Rinascimento italiano, il professore emerito Jean-Charles Pomerol della Sorbona e Andrea da Montefeltro, ricercatore e scultore.
La notizia è il risultato di una lunga ricerca italo-francese, che verrà pubblicata sulla rivista scientifica Open Science – Arte and Science, in cui l’opera verrà presa come esempio del superamento da parte dell’Allievo nei confronti del Maestro.
Il dipinto, realizzato in olio su tavola di pioppo, datato 1504, 46 cm per 34 cm, appartiene ad una collezione privata estera. Secondo gli esperti, intervenuti durante la Conferenza, si tratta di “un supremo risultato artistico del Rinascimento italiano”, un capolavoro riscoperto: una versione rivisitata della Maddalena già esistente, presente alla Galleria Palatina, e di un’altra versione a Villa Borghese, di bottega. Ma quello che è stato scoperto oggi è un quadro che supera di gran lunga i sopracitati, sia per tecnica che per armonia della composizione.

A riprova dell’attribuzione a Raffaello c’è l’utilizzo della tecnica dello spolvero, individuata dalle analisi condotte da A.R.T. & Co., laboratorio dell’Università di Camerino con sede ad Ascoli Piceno; i numerosi “pentimenti”, rifacimenti del dipinto in corso d’opera, e diverse miscele tipicamente raffaellesche, come la preparazione del supporto con impasto di gesso e colla animale, strati a base di olio e biacca, pigmenti verde-grigio, ocre e terre, polvere di vetro e lacche, utilizzate per gli smalti.
Gli studi hanno inoltre evidenziato la messa in atto delle proporzioni matematiche tanto care all’artista divino, che gli permettevano di distinguersi dal maestro, il quale non possedeva le stesse abilità di calcolo.
In opposizione alle affermazioni emerse durante la Conferenza troviamo Vittorio Sgarbi, storico dell’arte e sottosegretario alla Cultura. Egli ribatte che non vi è “nessuna possibilità che il dipinto propagandato come Raffaello, e annunciato a Pergola, città affettuosa, sia del maestro urbinate. È soltanto uno scoop giornalistico, dal momento che si basa su una conoscenza di pochi, trattandosi di un’opera in collezione privata, con la legittima aspirazione del proprietario di possedere un Raffaello”. “Già è bizzarra – aggiunge Sgarbi – l’idea di una Maddalena con le sembianze della moglie del Perugino, come è sospetta la pur legittima propensione di alcuni studiosi a pronunciarsi soltanto su grandi nomi: Raffaello, Leonardo, Botticelli. Perugino basta e avanza”. L’opera è forse “una versione, autografa, di un prototipo di Perugino conservato a Palazzo Pitti, di cui si conosce un’altra versione alla Galleria Borghese”, continua, “difficile che nel 1504, quando, in contrasto con il suo Maestro nello Sposalizio della Vergine di Caen, Raffaello, con infinita grazia, dipinge il suo mirabile Sposalizio, ora a Brera, che è tanto più libero, nuovo e sciolto di quello del Maestro, egli si applichi a fare una copia del Perugino, che in quel momento ha già lasciato alle spalle. E altrettanto impossibile – sottolinea – è che il Perugino dipinga una copia di Raffaello. Al massimo, dunque, la nuova versione, di collezione privata, è una replica del Perugino. Di cui verificare l’autografia, rispetto a quella certa delle opere conservate nei musei, e di pubblico dominio”. “Il gioco del privato che possiede un’opera più’ autentica di quella di un museo – conclude Sgarbi – è già stato tentato, per Raffaello, con l’autoritratto giovanile. Poi la febbre è passata. Ma è evidente che la proprietà privata, e la conoscenza dal vivo, di soltanto alcuni studiosi, sono pregiudizievoli per il riconoscimento della autografia”.