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La Galleria Borghese di Roma inaugurerà il prossimo 8 giugno una mostra dedicata a Damien Hirst: più di 80 opere della discutissima serie “Treasures from the Wreck of the Unbelievable” saranno esposte per la prima volta nelle sale della Galleria, in dialogo con i capolavori permanenti della statuaria romana classica e della pittura del Rinascimento e del Seicento.

La mostra, curata da Anna Coliva – la precedente direttrice della Galleria Borghese, sostituita dallo scorso autunno 2020 da Francesca Cappelletti -, e da Mario Codognato, con il generoso supporto della Fondazione Prada – da anni impegnata nella promozione della cultura contemporanea -, comprenderà oltre all’imponente selezione delle opere dell’ambizioso progetto a metà tra realtà e finzione, presentato per la prima volta a Venezia nel 2017 negli spazi espositivi di Palazzo Grassi della Fondazione Pinault, anche un gruppo di dipinti dalla serie intitolata “Colour Space” risalente al 2016, caratterizzante uno sviluppo dei classici Spot Paintings di Hirst, per un gioco di rimandi e di contrasti tra passato e presente.

“Bust of the Collector”, Damien Hirst (2016). Installazione “Dancing with Myself” a Palazzo Grassi, Fondazione Pinault.

Nell’attesa dell’apertura della mostra di Damien Hirst alla Galleria Borghese di Roma in catalogo dall’8 giugno fino all’11 novembre 2021, andiamo alla scoperta di 7 curiosità di uno degli artisti più controversi di tutti i tempi.

1. La riflessione sulla morte è il tema centrale dell’opera di Hirst
Il tema della morte avvolge l’intera produzione artistica di Damien Hirst. Tale interesse è dovuto, probabilmente, al fatto che da giovane per mantenersi durante gli studi, lavorò in un obitorio nella cittadine di Leeds. La morte costituisce uno dei passaggi chiave dell’esistenza umana, è uno dei concetti più antichi della storia della riflessione umana, tuttavia rappresenta ancora oggi un argomento di difficile trattazione, e per questo quasi sempre allontanata dalla sfera della vita ordinaria da parte delle società occidentali.

Come la stragrande degli artisti contemporanei, anche Hirst desidera trasmettere con la sua arte un’idea, rompere gli schemi, anche a costo di schierarsi contro il “politically correct” e i dettami dell’estetica e del buon gusto. Con le sue opere il noto artista di Bristol indaga sul senso dell’esistenza e il modo con cui gli essere umani tentano di esorcizzare la paura della morte e della sofferenza, lanciando continuamente provocazioni all’osservatore, costringendolo a riflettere sullo scorrere inesorabile del tempo e sui limiti dell’uomo.

“The Physical Impossibility Of Death In the Mind Of Someone Living”, Damien Hirst (1991). Vetro, acciaio verniciato, silicone, monofilo, squalo imbalsamato sotto formaldeide. Courtesy damienhirst.com

Questo concetto è particolarmente evidente in “The Physical Impossibility Of Death In the Mind Of Someone Living” (L’impossibilità fisica della morte nella mente di un vivo), l’opera realizzata nel 1991 da Hirst diventata l’emblema dell’arte contemporanea. Lo squalo di 4 metri racchiuso in una teca di vetro e immerso nella formalina, venduto per la cifra straordinaria 12 milioni di dollari, costituisce la perfetta sintesi di quello che l’artista vuole comunicare: chiunque è a conoscenza dell’esistenza della morte, fa parte del destino dell’uomo, ma non riusciamo a crearci nella mente un’immagine nitida di essa.

2. La spettacolarizzazione degli animali imbalsamati immersi nella formaldeide
Hirst si è fatto conoscere al grande pubblico proprio per le sue opere provocatorie e sovversive, che in più di un’occasione lo hanno visto al centro di scandali mediatici e di proteste animaliste. Infatti, il suo background artistico è piuttosto variegato e insolito, costituito da corpi di animali imbalsamati, recuperati dai macelli oppure morti di morte naturale, sotto formaldeide, alcuni in perfetto stato di conservazione, altri in stato di decomposizione avanzato. Per le sue installazioni, Hirst ha utilizzato 850 mila mosche, 45 mila insetti, 17 mila farfalle, 668 pesci, 17 squali, 13 pecore, 7 mucche, 5 uccelli, 5 vitelli, 4 tori, 3 puledri, 2 maiali, 1 orso e 1 zebra.

“False Idol”, Damien Hirst (2008). Mostra Ark presso la Chester Cathedral,United Kingdom. Courtesy damienhirst.com

Tra le più celebri, si annoverano la già citata installazione “The physical impossibility of death in the mind of someone living“ (1991) e “The Incredible Journey” (2008), una teca con all’interno conservata una zebra sotto formaldeide. Con le sue opere l’artista britannico non cerca l’essenza del bello, nè intende impartire alcuna lezione anatomica veterinaria, ma vuole provocare uno shock nello spettatore ed invitarlo a riflettere sulla caducità dei corpi e della vita.

“The Incredible Journey”, Damien Hirst. Vetro, acciaio inossidabile verniciato, silicone, monofilo, acciaio inossidabile, zebra sotto formaldeide. Courtesy damienshirst.com

3. La sua arte è uno shock fisico per lo spettatore
Con le sue opere intrise di pathos e le sue provocatorie installazioni, dagli animali imbalsamati sotto formaldeide alle gigantesche sculture di “Treasures from the wreck of the unbelievable”, il celebre artista londinese intende riportare l’arte alla dimensione del coinvolgimento fisico e non più soltanto emozionale, scatenando una reazione concreta nel pubblico. Per lo spettatore l’impatto visivo è di una violenza e di un’aggressività tale, da provocare in lui una vera e propria reazione corporea, quasi fosse stato realmente colpito fisicamente, e solo in un secondo momento una risposta a livello mentale, atta a cercare il senso dell’opera.

“Temple”, Damien Hirst (2008), London. Courtesy damienshirst.com

4. Le sue opere sono il frutto del genio di altri celebri artisti
Damien Hirst non ha mai fatto mistero che alcune delle sue opere non sono farina del suo sacco. Appropriazioni indebite di idee e di visioni di artisti come Koons, Richter, Serra, Kounellis, Nauman, Judd… Come l’artista stesso ha confessato in uno dei numerosi video prodotti da Heni Talks – una piattaforma online di divulgazione culturale: “Tutte le mie opere sono rubate […]. Ho imparato all’Accademia, il direttore diceva: ‘Non prendere in prestito le idee, rubale!’”. “Anche i pallini colorati – ovvero, la serie di opere Spot Paintigs, in mostra a partire dall’8 giugno alla Galleria Borghese di Roma – sto pensando se li ho rubati da Larry Poons o da qualcun altro”.

“Calibration target for beagle 2 mars lander british space mission”, Damien Hirst (2003). Courtesy damienshirst.com

L’arte di rubare e di attingere dall’immaginazione altrui nel tentativo di superare il predecessore, fa parte della linguaggio artistico di Hirst, non senza di esclusione di colpi, talvolta andando anche incontro a cause legali, a volte vinte, a volte perse.

5. La prima mostra è stata allestita in un’agenzia di viaggi
Il primo esordio di Damiens Hirst risale al 1991, quando allestì insieme a Tamara Chodzko la sua prima mostra personale in un’ex-agenzia di viaggi di Londra. “In and Out of Love” era il titolo e radunava le principali opere realizzate dall’artista di Bristol nei primi vent’anni della sua carriera, incluse alcune installazioni delle celebre serie “Natural History”. Tra le opere in mostra, anche due cabinet pieni di bicchieri per l’acqua, denominati rispettivamente “I Can See Clearly Now” e “We Don’t See Eye to Eye” e i suoi primi lavori con le farfalle. Si trattò di un’esposizione in cui i contrasti facevano da padrone, e binomio bellezza-orrore lasciava attoniti gli spettatori del tutto impreparati.

In and Out of Love, Damien Hirst (1991), Londra. Courtesy damienhirst.com

6. Il background musicale di Damiens Hirst
Forse non tutti sanno che il passato di Hirst vanta un passato di musicista: tra il 1998 e il 2000, infatti, il celebre artista britannico fece parte di una band, i Fat Les, insieme al bassista dei Blur Alex James e l’attore Keith Allen. Il loro singolo “Vindaloo” raggiunse le vette delle classifiche britanniche nel 1998. Damien Hirst nel corso della sua proficua carriera ha collaborato anche con celebrità del panorama musicale mondiale, dirigendo il video del singolo “Country House” dei Blur nel 1997 e realizzando nel 2011 la copertina di “I’m with you” della band rock statunitense Red Hot Chili Peppers.

Copertina singolo musicale “I’m with you”, Red Hot Chili Peppers (2011) realizzata da Damien Hirst.

7. Fu accusato di omicidio durante la mostra alla Tate Modern nel 2012
Le farfalle e i lepidotteri in generale, fanno parte dell’opera artistica di Hirst. Tuttavia, furono proprio loro, le farfalle, a creare uno dei più grandi scandali che lo abbiano mai investito nel corso della sua attività, quando nel 2012 Damiens Hirst venne accusato di aver ucciso durante l’esposizione alla Tate Modern, durata 23 settimane, più di 9 mila farfalle. Ogni settimana circa ben 400 farfalle venivano rimpiazzate, perché ferite o morte calpestate dai visitatori.

Farfalle vive in una ciotola di macedonia di frutta, per l’installazione “In and Out of Love”, London. Courtesy Il Post

Così la Royal Society for the Prevention of Cruelty to Animals (RSPCA), la più grande organizzazione per la protezioni di animali del Regno Unito, sarebbe insorta: “Ci sarebbe una rivolta popolare se la mostra coinvolgesse altri animali, come i cani. Solo perché sono farfalle, non significa che non meritino di essere trattate con gentilezza”, hanno dichiarato pubblicamente al Telegraph.

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Damien Hirst


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