Una raffinatissima selezione di sculture e oggetti cerimoniali con una forza intrinseca sia spirituale che decorativa andranno in asta da Finarte il prossimo 8 marzo
Carica di simbologia, significati reconditi e innumerevoli rappresentazioni, l’arte del Sud Est Asiatico ha sempre trovato consenso nel gusto dei grandi connoisseur europei. Grazie ad un’affascinante dicotomia che, in particolare nell’arte votiva, ha visto mescolarsi i canoni induisti con quelli buddisti, si è arrivati ad una raffinatissima produzione di sculture e oggetti cerimoniali, che possiedono una forza intrinseca sia spirituale che decorativa.

Vishnu è considerato il protettore dell’universo nell’induismo: compie la sua missione assumendo varie incarnazioni o avatar, come Rama e Krishna, per ristabilire l’equilibrio e sconfiggere il male. Viene raffigurato con quattro braccia, tutte disposte al di sopra dei fianchi, la mano anteriore destra è alzata nel saluto regale, mentre nelle altre reca, come attributi, la mazza, la ruota e la conchiglia.
Nelle prime sculture, Buddha non era rappresentato in forma umana ma attraverso simboli. Attorno al I secolo d.C. in India cominciarono a emergere immagini di Buddha fortemente influenzate dalle statue romane, conoscenze rese possibili dalle rotte commerciali che collegavano l’Oriente con l’Occidente. Queste sculture si concentrarono su un’immagine ideale del Buddha, combinando tratti semplici, come i piccoli ricci dei capelli con forme più lussuose, come i drappeggi ispirati dalla scultura gandhariana.

In tutte le regioni del sud est asiatico, le sculture del Buddha venivano utilizzate per ricordare episodi specifici dei suoi viaggi e insegnamenti. Come le sculture gandhiane e indiane, quelle del Laos e della Thailandia includono spesso un usnisa (protuberanza nella parte superiore del cranio), con un’espressione serena del viso. Sono comuni anche i lobi delle orecchie allungati, che richiamano l’attenzione sulla rinuncia del Buddha a una vita principesca e ai beni materiali.
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