Il 14 dicembre a Genova da Cambi verranno messe in vendita quattro tele di Gaetano Gandolfi. La professoressa Donatella Biagi Maino ha voluto approfondire cosa si cela dietro ai ritratti proposti in asta.
Della qualità, alta, della pittura del bolognese Gaetano Gandolfi, uno dei maggiori artisti italiani del secondo Settecento, siamo da tempo consapevoli avendo gli studi approfondito, con precisione di ricercatori e passione di storici, la conoscenza non solo della pittura di questo grande ma anche del suo ruolo nel vasto palcoscenico della cultura europea, come dichiarato da Luigi Lanzi, testimone obiettivo ancorché non favorevole, per orientamento culturale, alla lucente freschezza della sua arte, nella notizia biografica stilata ad inizio Ottocento.
L’incanto delle molte sue favole mitologiche, la tensione spirituale delle opere d’arte sacra, il fasto dei non pochi dipinti su muro che ornano palazzi e l’ampia, rigorosa retorica dispiegata sulle superfici delle chiese della sua città sono prove esemplari della cultura e della coltivata maniera di questo magnifico pittore, del quale si ricorda l’impegno inesausto nella ricerca dei termini più concreti e sinceri per la rappresentazione della verità.

Dall’aprirsi del settimo decennio del Settecento, da quegli anni sessanta che videro affermarsi la sua pittura in patria e fuori, dall’Inghilterra alle lontane Russie, il suo percorso è segnato dalla continua tensione verso esiti di profondità d’espressione al fine di restituire in bella pittura il sentimento del vivere che, grazie alla scoperta sua libertà mentale, lo conduce a chiudere la grande stagione della cultura artistica bolognese con pari dignità dei precedenti.
I modelli di Gandolfi
Nella sua arte coltivata e insieme di immediata franchezza, Gaetano Gandolfi sa coniugare il rispetto, affettuoso, dei precedenti della scuola, dagli amatissimi Carracci, Reni, Guercino, Cignani, Pasinelli sino ai più recenti esempi del Crespi, del Creti, con il più aggiornato sapere europeo. Grazie al talento e all’intelligenza fervida, Gaetano assimilò quanto di più significativo avveniva nel vasto teatro dell’arte europea, nella piena consapevolezza del suo essere erede di una mai intermessa quanto straordinaria tradizione.
Tutto lo scibile in campo artistico fu da lui sottoposto a vaglio e anche se compì soltanto alcuni viaggi di studio – fondamentale il soggiorno di un anno, il 1760, nella cosmopolita Venezia -, gli fu possibile accostare la cultura internazionale nell’atto del suo divenire, per la presenza forte in Bologna dell’Istituto delle Scienze, prestigiosa quanto celebre istituzione che in sé racchiudeva l’Accademia delle Scienze e quella di Pittura, Scultura e Architettura, della quale fu dapprima allievo poi il maggior rappresentante.
Dapprima affascinato dalla pittura luminosissima e smagliante del grande Tiepolo, e prossimo nello stile all’arte del Fragonard – e per la loro pittura è stato coniato il neologismo di “neo-rococò” -, Gaetano mostrò assai presto la sincera vocazione per una meditata e complessa ricerca per la resa del vero, per restituire attraverso l’immagine del sembiante umano i diversi sentimenti del vivere in termini di assoluta novità.
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