“Ho elencato i vari personaggi per sottolineare il minuzioso realismo con cui il quadro è dipinto. In esso non c’è niente di fantastico e neppure di inventato: ci rimane la sensazione che, se non conosciamo il nome del cane e del guardadama, è solo a causa della lacunosità delle fonti”. I misteri di Las Meninas di Diego Velázquez, raccontati da Searle
Perché, a distanza di più di tre secoli, il dipinto Las Meninas continua a confonderci? Il suo fascino va chiaramente oltre gli interessi degli storici dell’arte e degli ammiratori della pittura spagnola. Picasso, per esempio, si ispirò a esso per non meno di quarantacinque studi, e Foucault inizia la sua analisi del sistema di pensiero classico del Seicento, in Le parole e le cose, con una discussione di quest’opera giungendo alla conclusione che essa è forse “una sorta di rappresentazione della rappresentazione classica”.
Per il filosofo del linguaggio Las Meninas pone, una speciale sfida nella teoria della rappresentazione, suscitando in me lo stesso senso di sconcerto che mi coglie quando rifletto sui paradossi teorici degli insiemi o sull’antinomia del mentitore, e in questa discussione intendo rendere esplicita appunto la natura dei suoi paradossi. Che questo dipinto contenga addirittura aspetti paradossali ci è nascosto in parte dal fatto di vivere in un’epoca in cui sono diventati comuni quadri molto più vistosamente paradossali. Oltre alla consapevolezza di interi movimenti, come il surrealismo e il cubismo, che sono paradossali dal punto di vista della rappresentazione pittorica classica, noi tutti siamo abituati a disegni di Steinberg che disegnano se stessi mentre vengono disegnati, alle scale di Escher che salgono di continuo, di rampa in rampa, finché, sempre salendo, non veniamo a ritrovarci in basso all’inizio della prima, e a impossibili oggetti a tre corpi con due sole basi. Qui metterò da parte tutte queste forme di rappresentazione pittorica radicalmente paradossali e prive di senso e mi concentrerò su Las Meninas, mantenendomi all’interno dei canoni della rappresentazione pittorica classica.
A prima vista Las Meninas, o El cuadro de la familla (La famiglia reale) come il dipinto fu chiamato fino all’Ottocento, ci si presenta come una rappresentazione convenzionale, anche se spettacolare, di personaggi reali e di corte. Il centro dell’attenzione (e il centro fisico della metà inferiore della tela) è occupato dall’Infanta Margarita, che aveva allora cinque anni, essendo nata nel 1651; il dipinto fu eseguito nel 1656. In seguito Margarita andò sposa a Leopoldo I d’Austria e morì in tenera età a Vienna. Alla sua destra è inginocchiata, nell’atto di offrirle un bucaro rosso su un vassoio d’argento (presumibilmente pieno dell’acqua profumata che si beveva allora all’Escorial), doña Maria Augustina de Sarmiento. A sinistra dell’Infanta si china verso di lei un’altra damigella d’onore, doña Isabel de Velasco, figlia del conte di Colmenares. Le due ragazze sono giovani aristocratiche di bell’aspetto, indossano abiti costosi e hanno acconciature eleganti.
Tutti gli autori canonici dicono che Isabel fa una riverenza o si inchina in modo deferente verso l’Infanta ma un’osservazione più attenta rivela che essa non dedica la minima attenzione alla figlia del re, fissando invece… fra un minuto vedremo che cosa. Alla sua sinistra c’è un personaggio decisamente sgraziato, la nana di corte Mari-Bárbola, la quale, come scrive la Trapier, “entrò al servizio di palazzo nel 1651 e ricevette nel corso degli anni vari favori, compresa una libbra di neve ogni giorno d’estate nel 1658”. Palomino dice che aveva un aspetto “terribile”. Accanto a lei c’è un altro nano (alcuni autori parlano di un “nano armonico” per distinguerlo dai nani acondroplasici, come Mari-Bárbola), Nicolasito Pertusato, che tiene un piede sul dorso del cane appisolato in primo piano. Dietro doña María Augustina c’è il pittore stesso, Diego Velázquez, raffigurato nell’atto di dipingere: ha la tavolozza nella mano sinistra, il pennello nella destra.
Egli è pronto all’azione, ma si trova curiosamente a qualche metro dall’immensa tela su cui lavora, dato che doña María Augustina è chiaramente interposta fra lui e la tela. La tela su cui il pittore lavora occupa inoltre quasi l’intero bordo sinistro del quadro: il dorso grezzo della tela, interrotta solo dal telaio in legno e da una gamba del cavalletto, occupa un’area del dipinto maggiore di quella occupata da ognuna delle figure. Per inciso, nella maggior parte delle riproduzioni di Las Meninas che si vedono abitualmente il lato sinistro del quadro è di solito abbondantemente rifilato, lasciando fuori gran parte della tela, senza dubbio perché gli autori di questo arbitrio la considerano una parte noiosa del quadro. Dietro doña Isabel c’è una donna vestita da monaca; essa è in realtà doña Marcela de Ulloa, guardamujer de las damas de la reina, e accanto a lei c’è uno dei guardadamas, o guardie delle dame: l’unica persona anonima nel quadro. In fondo alla sala, nel vano di una porta aperta, si staglia la figura di José Nieto Velázquez, aposentador o maresciallo di palazzo della regina, che è fra l’altro il custode degli arazzi della regina stessa.
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