Vi accompagniamo alla scoperta di un Museo dalla doppia anima, moderna e contemporanea, che mette in mostra e a disposizione dei visitatori il fior fiore dell’ampia collezione raccolta dal celebre gallerista fiorentino in 40 anni di appassionate ricerche. La Collezione Roberto Casamonti si trova a due passi dall’Arno, al piano nobile di Palazzo Bartolini Salimbeni, nel cuore della Firenze rinascimentale
Arnaldo Pomodoro e Giorgio de Chirico, due monumentali capisaldi artistici del Novecento, metaforicamente impersonificati dalle loro creazioni “La Colonna del viaggiatore” (1960) e “Il grande metafisico” (1970 – 1985), sembrano accoglierci e presidiare l’ingresso ad una delle collezioni private di arte moderna e contemporanea più vaste e variegate nel panorama non solo fiorentino: la Collezione Roberto Casamonti.
Ci troviamo in Piazza Santa Trinita, quell’affascinante slargo posto tra l’omonimo ponte affacciato sull’Arno e la celebre Via Tornabuoni, dove la colonna della Giustizia, il cui fusto proveniente dalle Terme romane di Caracalla rappresentò un regalo di Pio IV a Cosimo I, fa da perno ai prospetti armonici degli edifici che si susseguono, da Palazzo Spini Ferroni, sede della maison Ferragamo, a Palazzo Buondelmonti, tipica dimora residenziale della fine del ‘400, dove nel 1819 venne fondato il Gabinetto Viesseux, luogo di ritrovo per artisti ed intellettuali.

Completano il quadro la Chiesa di Santa Trinita, fondata nell’XI secolo dai Vallombrosani, ricostruita nel ‘300 ed ultimata nel ‘500 con la facciata di Bernardo Buontalenti e l’elegante Palazzo Bartolini Salimbeni, realizzato da Baccio d’Agnolo intorno al 1520, su commissione di Giovanni Bartolini Salimbeni, priore e provveditore della Zecca. Di evidente innovazione gli elementi architettonici che spiccano su un prospetto che si pone in netto contrasto con la severità del bugnato tipico dei palazzi medicei: il portale architravato, le finestre timpanate, le nicchie a forma di conchiglia per le sculture, il cornicione aggettante e le cornici marcapiano. Tanta e tale era l’originalità della facciata di ispirazione classica da essere criticata e da spingere l’architetto a porre sopra l’ingresso l’iscrizione “Carpere promptius quam imitari”, (È più facile criticare che imitare).
Il Palazzo, rimasto alla famiglia sino all’inizio dell’ ‘800, ha ospitato per anni il celebre Hotel du Nord e dal 2018, esattamente al piano nobile, accoglie questo Museo dalla doppia anima – moderna e contemporanea – e che reca in sé il dichiarato intento di presentare e mettere a disposizione dei visitatori il fior fiore dell’ampia collezione raccolta dal celebre gallerista in 40 anni di appassionate ricerche.

Roberto Casamonti – il cui nome è legato anche a quello della prestigiosa galleria fiorentina Tornabuoni Arte – rappresenta l’emblema del collezionismo appassionato e coltivato dalla più tenera età, grazie soprattutto all’educazione al bello impartita dal padre Ezio, che era solito accompagnare durante le visite agli atelier degli artisti.
La Collezione è suddivisa in due distinti nuclei espositivi, entrambi curati da Bruno Corà: il primo, relativo alle opere fino alla prima metà del Novecento, è stato presentato durante il primo anno di apertura, riscuotendo un notevole successo di critica e pubblico. Il secondo, che comprende i capolavori dagli anni Sessanta ai giorni nostri, presentati nella summa “da Boetti a Schifano, da Mirò a Basquiat”, è attualmente in mostra e si svela agli occhi dei visitatori che percorrono le cinque sale espositive, sormontate da un pregevole soffitto a cassettoni intarsiati con alte ed ariose finestre.
La vista che si gode passeggiando per le sale è di autentica bellezza: gli affacci si alternano sia sulla piazza, con la svettante Basilica di Santa Trinita, che sul cortile interno di impronta e gusto spiccatamente rinascimentali, abbellito dal loggiato e dai graffiti a grottesche che decorano le pareti e con al centro la cinquecentesca scultura del “Dio Bacco con pantera”, realizzata da un anonimo fiorentino.

La bellezza dell’ambientazione non deve però distoglierci dai capolavori esposti nelle stanze, in un susseguirsi di nomi e movimenti da manuale. Ciascuna delle correnti prevalenti del Novecento trova infatti qui più di un rappresentante, secondo un criterio allestitivo basato su una suddivisione ragionata per movimenti e correnti artistiche, a cui i vari esponenti hanno aderito o dato vita.
Appena varcata la soglia di ingresso, ad accoglierci con la forza espressiva trasmessa dai colori vivaci ed accesi, è una delle opere meglio rappresentative delle serie realizzate da Alighiero Boetti, seguita da altri suoi due capolavori, uno dei quali si staglia con tutta la sua imponenza esattamente sopra il grande camino della sala centrale. Si tratta di “Mappa (L’insensata corso della vita)” (1988), “Tutto” (1992-1994) e “Mettere al mondo il mondo” (1972-1973), opere ricamate su tessuto.

Nella stessa sala, incentrata su alcuni dei capolavori più esemplificativi dell’Arte Povera, si susseguono poi Michelangelo Pistoletto, rappresentato dal suo iconico specchio fatto di acciaio inox lucidato e da cui emerge la figura dipinta su velina di una “Persona in piedi” (1962-1963), Penone, con “Rappresentare l’ombra” (1999), un’opera fatta di quelle stesse foglie secche che prima di cadere dagli alberi producevano frescura e riparo dal sole, Ceroli, con la sua installazione in legno dal titolo “Burri” e poi Kounellis, Calzolari, Pascali.
Si avvicendano inoltre capolavori rappresentativi dell’Arte Concettuale e Cinetica – Programmata o Optical – diffusa a partire dagli anni Sessanta – e così denominata in relazione all’intento di studiare i meccanismi della visione e di puntare al coinvolgimento dello spettatore sul piano percettivo e psicologico.

Nelle sale successive si incontrano poi opere di Christo – uno dei migliori e più noti esponenti della Land Art, che rappresenta grazie allo splendido disegno del progetto di “impacchettamento” del Pont Neuf di Parigi, eseguito nel 1980 – e del cosiddetto Nouveau Realisme, con Cesar, Arman, Klein, Hains e Spoerri, con la sua iconica natura morta rivisitata, “Faux tableau-piège”, fatta di un assemblaggio ragionato e studiato di oggetti disposti su un tavolo.

Passeggiando per le sale si incontrano poi capolavori di altri grandi artisti internazionali e che ben rappresentano la Pop e la Graffiti Art, come Basquiat, Keith Haring e Andy Warhol, con la sua emozionante Jackie, realizzata all’indomani dell’attentato al presidente Kennedy.
Interessante infine la saletta dedicata alla Body Art ed alle installazioni, con opere di Marina Abramovic, Vanessa Beecroft, Maurizio Cattelan e Bill Viola, che è presente con il celebre video dal titolo “The Encounter” (2012), ambientato nello spazio sconfinato di un deserto fatto d’aria e di calore dove “due donne – scrive lo stesso artista – in due fasi opposte delle proprie vite, stanno percorrendo ciascuna il proprio viaggio. Nel momento in cui si incrociano durante un breve incontro, i legami esistenziali si rafforzano e il mistero della conoscenza viene trasmesso silenziosamente dalla più anziana alla più giovane”.
L’invito, dunque, è a varcare la soglia di un luogo del contemporaneo che trova spazio nella culla del Rinascimento fiorentino e che propone una storia dell’Arte del Novecento “secondo Casamonti”, che in un’intervista si dichiarò fermamente e “fortemente convinto del potenziale educativo dell’arte, in grado di strutturare ed educare il pensiero, l’animo e la consistenza del nostro vivere e del fatto che la bellezza sia in grado di “salvare”, così come affermava Dostoevskij”.
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Il cortile interno di Palazzo Bartolini Salimbeni, affacciato su Piazza Santa Trinita, con al centro la scultura “Bacco e pantera” (metà ‘500)
Ph. Courtesy Collezione Roberto Casamonti